Federico Bianchi
Il barone Federico Bianchi, duca di Casalanza, nacque a Vienna nel 1768 e mostrò fin dalla prima giovinezza un’attitudine spiccata per l’arte militare. Aveva appena 11 anni allorché alla morte di sua madre trovò un tutore attento e benevolo in un borghese di Vienna che, secondo i consigli di un vecchio militare, acconsentì ad investire la modesta eredità materna e a pagare le spese della sua pensione all’Accademia del Genio Militare di Vienna.
Suo padre, Giacomo Bianchi, viveva a Parigi dove era stato chiamato ad insegnare fisica e chimica all’Università, dove morì intorno al 1785. Grazie alla protezione di qualche studioso, amico di suo padre, il giovane Federico fu ammesso come alunno all’Accademia del Genio Militare di Vienna e vi fece presto tali progressi da essere nominato sottotenente del Genio dell’esercito di Sirmia in Slavonia. Nel 1788, Laudhon, che aveva preso il comando in capo dell’esercito, aprì la campagna con l’assedio delle piazzeforti di Dubizza e di Novi. Questa impresa, che era già fallita diverse volte, a Dubizza fu coronata da pieno successo, Bianchi fu citato fra quelli che si erano più distinti in questa occasione e il generale lo nominò primo luogotenente. Dopo la pace con i Turchi, il luogotenente Bianchi andò a comandare la guarnigione della fortezza di Gradisca e la guerra che scoppiò nel 1792 lo richiamò presto sul campo di battaglia. Nel 1793, trovandosi agli assedi di Valenciennes e di Quesnoy, divenne capitano. Richiamato nel Genio, nel 1796 fu collocato nell’esercito del maresciallo Wurmser e dal Reno si recò in Italia. Era nuovamente in servizio come ufficiale di stato maggiore allorché ci fu la presa di Brescia nella quale egli fece prigioniero Gioacchino Murat che, a quel tempo, era solo aiutante di campo. Nel 1797, il 14 gennaio, condusse nella battaglia di Rivoli la colonna del colonnello conte di Lusignano, forte di sei battaglioni, e prese posizione ai piedi del monte Pipoli dietro Rivoli. Malgrado tutte le osservazioni che gli vennero fatte, il colonnello Lusignano non prese parte al combattimento e quando, dopo aver combattuto contro le altre colonne, i Francesi ritornarono su quella di Lusignano, rimasta forzatamente ferma, il capitano Bianchi fu preso nel disastro della ritirata e condotto prigioniero a Milano.
Quindici giorni dopo, riebbe la libertà in seguito ad uno scambio chiesto in suo favore a Bonaparte dal generale Alvinzy, e ricevette un salvacondotto per ritornare in Tirolo passando per Verona. Allorché alla fine del 1798 il principe Federico d’Orange dovette prendere il comando dell’esercito, il capitano Bianchi fu nominato suo aiutante di campo. Ma il principe, sfortunatamente, morì prima di aver potuto iniziare la campagna. Tuttavia l’Imperatore, che era già stato informato dei meriti di Bianchi, gli affidò la missione di accompagnare il giovane arciduca Ferdinando, che l’arciduca Carlo prendeva presso di sé, nella campagna del 1799 in Germania e in Svizzera. Malgrado fosse solo da tre mesi tenente colonnello, Bianchi fu promosso al grado di colonnello grazie alla lealtà dell’arciduca Ferdinando. Quando la pace fu raggiunta, il colonnello Bianchi, che comandava il 48° reggimento di fanteria ungherese, fu incaricato durante questo periodo di pace, nel 1804, di compiere una spedizione a Cattaro, dove gli abitanti spinti dai Montenegrini erano in piena rivolta. Alla fine della breve campagna di Germania, l’aiutante generale Bianchi ritornò a prendere il comando del 48° reggimento fino al 1807, periodo in cui ricevette il grado di generale di brigata. Nel 1809 assistette a diversi combattimenti davanti a Ratisbona e fece parte della ritirata di Vienna. Il generale Federico Bianchi nella battaglia di Aspern venne incaricato del comando della città. Dopo questo memorabile scontro l’arciduca Carlo voleva passare il Danubio a Presburgo, per cercare di costruire un ponte e di fare una trincea sulla riva destra; inviò Bianchi sul posto con dieci battaglioni, sei squadroni e diciassette pezzi di artiglieria. Avevano appena preso le loro posizioni, il 3 giugno, che il maresciallo Davoust, dell’esercito francese, arrivò con le sue truppe e tentò di respingere gli Austriaci al di là del Danubio; malgrado gli sforzi più vivi e degli attacchi spesso rinnovati, uniti al fuoco di una numerosa artiglieria, e ai bombardamenti dalla parte della città, per tre giorni e tre notti, non si riuscì a muovere il coraggioso Bianchi che terminò la testa di ponte e la conservò intatta fino alla battaglia di Wagram. Bianchi fu immediatamente ricompensato con la croce militare di Maria Teresa.
Nello stesso anno fu promosso luogotenente generale; l’anno successivo era inoltre a capo del 63° reggimento di fanteria e ispettore di fanteria in Ungheria. Nel 1813, la divisione di Bianchi fu messa nel corpo di riserva dell’armata e il 26 agosto, davanti a Dresda, ricevette l’ordine di prendere d’assalto la trincea davanti alla porta di Freyberg ma presto si apprese dell’avanzare di Napoleone, che ritornava dalla Slesia, e il generale Bianchi fu attaccato con tanto vigore che poté rimanere davanti alle trincee solo con una difesa tra le più ostinate, e che costò alla sua divisione più di duemila uomini. Bianchi si distinse in modo brillante nella battaglia di Lipsia ove, malgrado corresse il pericolo imminente di essere preso alle spalle, seppe energicamente conservare la sua posizione.Nella notte tra il 16 e il 17 ottobre, l’imperatore Alessandro chiese al principe Wolkonski la croce di San Giorgio che egli portava al collo e la mandò da uno dei suoi aiutanti di campo al generale Bianchi in riconoscenza del suo brillante comportamento durante la sanguinosa giornata di Lipsia. Il 18 il combattimento ricominciò con uguale accanimento, cosicché la divisione Bianchi, malgrado il rinforzo di tre battaglioni di granatieri, ebbe da sola tremila uomini fuori combattimento tra morti e feriti.
Il giorno dopo la battaglia Bianchi fu decorato con la croce di comandante dell’ordine militare di Maria Teresa. Tutti i generali di brigata e i colonnelli della divisione ricevettero la croce di cavaliere dello stesso ordine. Una promozione così veloce e distinta non si era mai vista nell’esercito austriaco. Nel 1814 Bianchi comandava il primo corpo d’armata e la divisione d’avanguardia occupava Fontainbleau quando i francesi ripresero l’offensiva su Montereau. Il 21 febbraio fu distaccato a Digione per contrastare la marcia del generale Augereau che veniva da Lione. L’11 marzo i francesi attaccarono gli Austriaci e li respinsero fino a Mâcon dove si combatté diverse ore. Nel 1815, alla levata di scudi del re di Napoli Murat, un numero considerevole di truppe fu messo agli ordini di Bianchi per reprimere quest’impresa inaspettata. Ma al ritorno di Napoleone dall’isola d’Elba il generale Frimont, comandante dell’esercito in Lombardia, tolse al generale Bianchi una parte delle sue truppe di modo che gli restò solo un corpo d’armata di circa ventimila uomini divisi secondo le disposizioni del generale Frimont in due divisioni, separate dagli Appennini. Questa decisione era stata presa allo scopo di riunirle allorché l’armata napoletana fosse arrivata ad Ancona.
Tuttavia questo provvedimento ebbe delle gravi conseguenze, poiché il re Murat vide la divisione Bianchi venire da Foligno verso Tolentino; decise allora di combattere, con delle forze inferiori, la divisione del luogotenente generale conte di Neipperg sulla costa adriatica davanti a Senigallia e di piombare il 1 maggio con grande superiorità numerica sulla divisione Bianchi in marcia verso Macerata. Avendo previsto ciò, il generale Frimont ordinò che all’occorrenza Bianchi si ritirasse evitando il combattimento. Ma con tali manovre il re, di cui ben si conoscevano il coraggio e le qualità militari, sarebbe inevitabilmente arrivato con l’esercito intatto nel suo stato e avrebbe potuto prolungare la guerra all’infinito. Bianchi, confidando nel valore delle sue truppe e nella forte posizione di Tolentino, prese la decisione rischiosa di tener duro e cercare di guadagnare i due giorni che gli servivano per essere raggiunto da Jesi dalla divisione del conte Neipperg. Si sa quale fu l’esito della battaglia di Tolentino e ciò che vi fece seguito. Le imprese del generale Bianchi furono degnamente apprezzate, diverse Corti gli concessero degli onori e il re Ferdinando I delle Due Sicilie lo creò duca di Casalanza aggiungendo a questo titolo un appannaggio considerevole; l’imperatore Francesco gli accordò un aumento sulla retribuzione, di cui il barone Bianchi seppe fare un nobile uso facendo continuamente beneficenza con altrettanta sollecitudine che delicatezza. Il feldmaresciallo luogotenente Bianchi, padre di due figli che nell’esercito imperiale si mostrarono degni eredi del suo merito e delle sue virtù, venne promosso generale di brigata; morì nel 1855 a Sauer Brunn.